
Pubblicato il: 17 Maggio 2025 Ultima modifica il: 18 Maggio 2025
Relazione con la Voce
Che cos’è davvero la voce, se non una relazione viva con sé stessi? In questo articolo ti racconto un incontro tra colleghe che ha acceso nuove riflessioni sul mio lavoro: accompagnare le persone a ritrovare la loro relazione con la voce. Non si tratta di insegnare una tecnica vocale in senso tradizionale, ma di ascoltare, esplorare, regolare il proprio suono interiore. È un viaggio fatto di percezione, stimolazioni neurologiche, curiosità e gioco. Una strada laterale, che però porta lontano — anche tecnicamente — perché quando cambia la relazione, cambia tutto.
indice:
Ritrovarsi tra colleghe e ricaricarsi
Dopo diversi mesi che non ci incontravamo più, ieri mi sono vista su Zoom con due colleghe con cui condivido la passione per il canto. Siamo tutte e tre cantanti e insegnanti, ma viviamo in paesi diversi: io in Italia, una in Francia e l’altra in Germania.
Fra noi c’è una grande stima reciproca: ciascuna riconosce il valore e la sensibilità artistica delle altre, e forse è proprio per questo che abbiamo piacere a ritrovarci, anche solo per un’ora online. Questi incontri sono preziosi e rigeneranti.
Un tempo eravamo in quattro. Poi, improvvisamente, una di noi è venuta a mancare. Il vuoto che ha lasciato si sente ancora, ma ogni volta che ci incontriamo è come se, in qualche modo, portassimo con noi anche il suo spirito.
Cosa abbiamo condiviso
Durante l’incontro, abbiamo recuperato ciò che volevamo condividere, aggiornandoci sui nostri progetti. Ci piace vedere il bel pianoforte a coda alle spalle di U., che ci ha raccontato del festival della voce che ha organizzato. La cosa che ci ha colpite di più, però, è stata sentirla dire che si è sentita pienamente allineata con gli artisti invitati e con ogni passo compiuto. Questo allineamento l’abbiamo percepito tutte e due, come qualcosa di profondamente armonico.
J., invece, ci ha raccontato dei suoi concerti, sia come solista sia come direttrice di coro e dei suoi tanti progetti. È un portento, una luce che si espande quando parla e quando canta.
Io ho condiviso come, dopo l’incidente alle dita dei piedi, siano cambiate un po’ di cose nella mia quotidianità. Mi sento spesso stanca, ma qualcosa di magico accade nel momento in cui lavoro: mi illumino e mi ricarico. È come se l’energia fluisse naturalmente nell’incontro con l’altro, con la voce, con il suono.
Neurologia applicata alla voce: lavorare sulla relazione più che sulla tecnica
Tra le cose che ho raccontato alle mie colleghe c’è stata la mia recente certificazione in neurologia applicata. Nessuna sorpresa da parte loro: già sapevano che mi piace approfondire e aggiornarmi continuamente. La vera rivelazione è arrivata quando, con naturalezza, ho detto: «Io, rispetto a voi, non insegno tecniche vocali. Mi occupo di relazione tra la persona e la propria voce.»
In quel momento ho visto i loro occhi spalancarsi. È lì che finalmente hanno fatto il collegamento: «Ecco perché il tuo lavoro ha senso con il sistema nervoso!» Hanno sempre percepito che il mio approccio fosse diverso dal loro — loro sono insegnanti e cantanti tecnicamente eccellenti — ma solo allora hanno colto il filo che lega tutto il mio percorso.
Perché sì, quando lavoriamo sulla relazione con il suono, uno degli “effetti collaterali” può essere anche un miglioramento tecnico, ma non è il mio scopo principale — e nemmeno quello delle persone che si rivolgono a me. L’obiettivo è creare o ristabilire un contatto profondo con la voce, partendo da ciò che ci impedisce di esprimerci pienamente, spesso a livello neurologico e percettivo.
Un esempio
Una mia allieva sentiva una tensione nella parte sinistra del corpo mentre cantava, e avvertiva che l’intonazione non era precisa. Ho deciso di stimolare il nervo cranico I (olfattivo) facendole inspirare dalla narice sinistra (in quanto l’olfatto risponde a livello ipsilaterale) un olio essenziale e poi espirare con un suono. Dopo alcune ripetizioni, le ho chiesto di ricantare il brano iniziale. Il cambiamento è stato netto: la tensione era svanita, la respirazione più fluida, l’emissione più ricca, calda, e — dettaglio interessante — ha riconosciuto che non ci fosse più una forma d’ansia di cui prima non era nemmeno consapevole.
Le stimolazioni non portano sempre a un risultato immediato, ma ogni reazione, anche neutra o negativa, è un’informazione preziosa. E questo è il cuore del mio lavoro: accompagnare la persona in un processo di ascolto, esplorazione e regolazione.
La sorpresa che mi ha fatto riflettere
Mi sono sinceramente stupita della loro reazione. Pensavo di essere sempre stata chiara nel raccontare cosa faccio — dopotutto ne parlo spesso, anche pubblicamente — ma a quanto pare non abbastanza.
Questa sorpresa mi ha fatto riflettere su quanto facilmente diamo per scontato che ciò che per noi è evidente, lo sia anche per chi ci conosce da tempo. E invece no: a volte serve nominare, esplicitare, ripetere. Dire ad alta voce che non insegno a cantare, nel senso tradizionale del termine, ma che lavoro sulla relazione con la voce, è stato ciò che ha generato comprensione.
Importanza della tecnica e della relazione
Tengo molto a dire che la tecnica vocale è importante, ma anche che ci sono tanti insegnanti molto più bravi di me in questo campo — e lo dico con grande stima e riconoscenza per il loro lavoro. Io ho scelto un’altra via, complementare, che lavora su ciò che sta prima e intorno alla tecnica: la consapevolezza, la percezione, la fiducia, il gioco.
Eppure, anche seguendo questa strada più “laterale”, i miglioramenti tecnici arrivano. Le persone cantano meglio, più libere, più stabili. Perché quando c’è una buona relazione con la propria voce, tutto il resto si armonizza.
Quando la tecnica migliora… senza lavorare sulla tecnica
Uno degli aspetti più sorprendenti del mio lavoro — e che spesso sorprende anche chi lavora con me — è che i miglioramenti vocali arrivano anche senza intervenire direttamente sulla tecnica. Ad esempio, non lavoro quasi mai sulla respirazione in modo diretto. Non perché non sia importante, ma perché è facilmente manipolabile e rischia di diventare un ulteriore controllo che interferisce con la spontaneità del gesto vocale.
Esistono trattati interi su tipi di respirazione e su respirazioni ritmate, ognuna con una funzione precisa da usare solo in momenti specifici — e spesso questi approcci vengono generalizzati o fraintesi. Quando invece il lavoro passa attraverso la percezione e stimolazioni indirette, i risultati possono essere sorprendenti.
Il caso di S.
Mi viene in mente il caso di S., una mia allieva che aveva difficoltà nel fraseggio, probabilmente legate a una respirazione troppo corta. Non ho fatto esercizi respiratori classici, ma sono intervenuta con stimolazioni più profonde: un lavoro indiretto sul diaframma e sulla deglutizione. Il risultato? Il fraseggio è diventato più fluido e naturale, e S. si è accorta che stava respirando in modo pieno senza nemmeno pensarci. Era talmente dentro al pezzo che non si rendeva nemmeno conto di quando respirava. Ecco il tipo di magia che accade quando si lascia spazio alla regolazione del sistema nervoso e alla fiducia nel corpo.
Giocare non è solo per bambini
Che si tratti di bambini o adulti, da me si gioca sempre. Non è un gioco “leggero” nel senso di superficiale, ma un modo di avvicinarsi alla voce che permette profondità e libertà allo stesso tempo. Questo approccio porta una certa leggerezza in ciò che facciamo, e proprio questa leggerezza permette di andare molto a fondo, perché la tensione si scioglie e si fa spazio alla curiosità.
Sono convinta che quando la curiosità è presente, il viaggio diventa un’esplorazione vera, senza giudizio, e i risultati arrivano quasi da soli. La mia vitalità bimbesca, come l’hanno definita le mie colleghe, è contagiosa: mi diverto con i miei allievi, e lo scambio che si crea ci nutre reciprocamente.
Aspetti importanti per la relazione con la voce
Giocare, esplorare, sorprendersi — sono tutte chiavi per scoprire la propria voce in modi inaspettati. La curiosità diventa motore di trasformazione e crea uno spazio sicuro dove lasciarsi andare e scoprire di più, sia sulla voce che su di sé.
Anche chi suona strumenti musicali lavora sulla voce
Chi suona uno strumento a fiato sa bene che, se è senza voce, farà più fatica a suonare: questo perché anche nello strumento vengono attivate le corde vocali. Ma non riguarda solo i fiati. Gli strumenti musicali, in generale, sono considerati da molti musicisti il prolungamento del proprio corpo. E più il corpo risuona, più anche lo strumento risuona.
Io stessa ho potuto constatare più e più volte come lavorare sulla voce migliori anche il suono di strumenti come il pianoforte, il violino, l’arpa.
Tra i miei allievi ci sono (e ci sono stati) diversi strumentisti. Tutti, lavorando sulla voce, hanno notato un miglioramento nella qualità del suono e nella profondità dell’espressione musicale sul proprio strumento. Il loro tocco si è fatto più ricco, il fraseggio più fluido, il respiro musicale più presente. È come se la voce avesse restituito loro una connessione più profonda con la musica.
Relazione con la voce e lo strumento
A conferma di questo, ho trovato su YouTube un estratto da una masterclass di un contrabbassista. In quell’intervento, spiegava con chiarezza come il canto possa influenzare positivamente il modo di suonare e fare musica. La voce, diceva, cambia la relazione con il tempo, con il fraseggio e con il suono stesso. Non è stato il solo: sempre più musicisti scoprono che lavorare sulla propria voce non è un’“aggiunta”, ma una via diretta per risuonare di più, per sentirsi più presenti e autentici nel suono che producono, qualunque strumento suonino.
Il suono comunica più delle parole
Per me è diventato quasi ovvio, ma non posso aspettarmi che lo sia anche per chi mi incontra per la prima volta o mi segue da lontano.
Amo profondamente la musica. E credo che per farla — per crearla, interpretarla, viverla — sia necessario avere un buon rapporto con il proprio suono. Per chi usa la voce, questo significa instaurare una relazione viva e consapevole con essa. La voce è il nostro primo strumento musicale, quello più intimo e rivelatore.
Nutrimento per il sistema nervoso e per la voce
Quando cantiamo, ma anche quando parliamo, ciò che comunichiamo va ben oltre le parole. Attraverso l’intonazione, il vibrato, la brillantezza, l’emozione, la ritmica, la pulsazione, l’armonia, l’agogica e la dinamica, il suono veicola informazioni che parlano direttamente al nostro sistema nervoso. Lo nutrono o lo impoveriscono, a seconda della loro qualità.
Il sistema nervoso è ghiotto di vibrazioni: le riconosce, le elabora, le associa a esperienze, emozioni, significati. E allo stesso tempo, chi ci ascolta percepisce qualcosa di noi: la nostra sicurezza, la presenza, l’apertura — o al contrario, la chiusura, la fatica, la paura.
Perché è importante la relazione con la voce
Spesso non sappiamo decifrare consapevolmente ciò che la voce comunica, ma il corpo dell’ascoltatore sì: lo percepisce e risponde. E questo accade anche a noi stessi. La voce non è un’emissione da “aggiustare”, ma un flusso espressivo da ascoltare, dentro e fuori.
Ecco perché è così importante lavorare sulla relazione con la voce: non per piacere agli altri, ma per sentire con più chiarezza l’effetto che la nostra voce ha su di noi. Quando la voce è riconosciuta, quando ci fa sentire allineati, il suono diventa un ponte autentico — prima delle parole.
La voce è una relazione
Qualche giorno fa, durante una formazione al Centro MeP (un centro integrato che offre consulenza psicologica, psicoterapia e pratiche di mindfulness volte a nutrire e promuovere il benessere psicologico di individui, coppie e gruppi), è emerso ancora una volta il punto centrale del mio lavoro: la relazione che instauriamo con la nostra voce, che inevitabilmente si riflette nella relazione con chi ci ascolta.
La voce non è solo suono. È un atto relazionale.
E tutto partecipa al gesto vocale: il respiro, la postura, la percezione, la presenza, le emozioni. Lavorare col suono attraverso piccole stimolazioni aiuta a raffinare la propriocezione, a ridurre il controllo eccessivo, a trovare centratura e sicurezza, liberando tensioni corporee.
In questo senso, il lavoro sulla voce è un lavoro sul sentire. Su ciò che ci sostiene e ci orienta nel mondo. Ed è per questo che può avere un impatto profondo anche in contesti apparentemente lontani dal canto.
Un piccolo-grande esperimento con il pollice
Spesso sento dire frasi come:
“Non riesco ad avere una voce incisiva”,
“La mia voce risulta inesistente”,
“Davanti al pubblico perdo sicurezza”.
Se anche a te è capitato di pensarlo, prova questo esercizio.
Non è una strategia, ma un esperimento. Prenditi tempo per notare cosa cambia, senza aspettative.
- Emetti qualche suono o canta una frase breve.
- Fermati e nota la tua postura, respirazione, battito, sensazioni.
- Alza il pollice in su, come per dire “ok”. Nota cosa succede.
- Se non sei sicuro, torna allo stato iniziale e ripeti.
- Alza entrambi i pollici. Sorridi, se ti va.
- Emetti suoni di nuovo: cosa cambia?
- Canta la stessa frase col pollice alzato.
- Vuoi provare anche con il pollice verso? Poi torna sempre al gesto positivo.
L’impatto della stimolazione
Questo gesto ha un impatto forte. Il pollice ha un’area ampia nel cervello, e il movimento verso l’alto viene percepito come stimolante: erige la colonna vertebrale, rilascia ormoni positivi e attiva uno stato di apertura.
La percezione è il primo passo verso la consapevolezza, e la consapevolezza permette al sistema nervoso di autoregolarsi.
Voce e sistema nervoso si influenzano a vicenda.
La voce può regolare il nostro stato, se glielo permettiamo. E il sistema nervoso può cambiare il nostro modo di cantare.
Musica per le mie orecchie
Perciò lo ripeto ancora una volta, con gioia:
il cuore del mio lavoro è creare — o ripristinare — una relazione viva, libera, curiosa con la propria voce, cantata o parlata.
E quando accade, per me, è musica.
È musica per le mie orecchie.
Se hai bisogno di altri esempi, puoi andare a leggere le varie testimonianze che nel tempo mi sono state rilasciate.
Lavoriamo assieme alla tua relazione con la voce
Se leggendo queste parole hai sentito risuonare qualcosa dentro di te, forse è il momento giusto per iniziare (o ricominciare) a esplorare la tua voce in modo nuovo.
Puoi farlo insieme a me, attraverso i miei corsi, pensati per accompagnarti in questo percorso con rispetto, ascolto e piccoli stimoli trasformativi.

Sono Monica Kircheis, flautista, cantante, insegnante di vocalità esperta in fisiologia e neurologia applicata.
Desidero che i musicisti possano sempre più sentirsi liberi di essere sé stessi. Per rendere ciò possibile affronto nella mia didattica vari temi dei quali potrai leggere qui nel blog. Che possano essere d’ispirazione!
Ciao Monica!! arrivo solo adesso a leggere il tuo articolo… Caspita quante informazioni preziose ci sono!! Sono veramente sorpresa di questa visione della voce: fino ad ora, la voce per me era un dettaglio a cui non ho mai dato attenzione. Invece…..è tanta tanta roba. E leggerti è sempre un piacere e soprattutto un’occasione per imparare qualcosa di nuovo. Grazie di cuore per ciò che divulghi.
Ciao Simona, sono contenta che queste informazioni possano esserti utili. E… mi piacere parlare del mio lavoro.